La pandemia da Coronavirus, la crisi del lavoro, le limitazioni per i viaggi, il taglio della socialità e il Decreto Ristori. Se volessimo raccontare il 2020 di pub, ristoranti e hotel, potremmo riassumere tutto con queste parole. Eppure, come sempre, non c’è solo la facciata del locale a raccontarci un’intera filiera presa d’assalto da una crisi che gli attuali aiuti economici non sembrano sanare.
Il problema è duplice: da una parte i clienti sono drasticamente diminuiti e le soluzioni alternative (come l’asporto) non sono significative per tutti in egual misura; dall’altra continuano comunque ad arrivare tasse, bollette e affitti da pagare. Un vero e proprio circuito al massacro, dove sopravvive solo chi riesce a non farsi sommergere dall’oceano di disperazione.
La situazione vissuta da locali come pub, ristoranti e alberghi racconta una quotidianità fatta da diversità da proteggere in base alla propria realtà. Misure eterogenee che non tengono conto della storia di riferimento possono causare una chiusura definitiva. Per capire meglio questi e altri concetti, mi sono rivolto a diversi gestori di locali tra Roma e Napoli, i quali mi hanno anche raccontato se effettivamente il Decreto Ristori (in tutte le sue varie forme) ha saputo aiutare le attività commerciali a resistere in questi mesi di lenta agonia.