Kobe Bryant, all’anagrafe Kobe Bean Bryant, è stato un giocatore statunitense di fama internazionale, nato il 23 agosto 1978 a Filadelfia e morto il 26 gennaio 2020 alle 9:47 del mattino, a 41 anni, a Calabasas in un incidente in elicottero. Assieme a lui, quel giorno, scomparse anche la figlia di 13 anni Gianna. L’ex stella dei Los Angeles Lakers, dell’NBA e del basket intercontinentale lascia la moglie Vanessa Laine e tre figlie, Natalia, Bianka e Capri.
Fin dall’inizio, il primo sito d’informazione a diffondere la notizia è TMZ.com, che si occupa principalmente di eventi sportivi. Tuttavia, senza che il sito avesse reso note le proprie fonti o ci fossero state conferme dalle autorità locali, la notizia aveva già girato come certa e verificata, soprattutto sui social.
Si tratta di un caso giornalistico molto comune nell’era del digitale, e che oggi analizzeremo qui, a “Giornalisticamente Parlando – Dalla parte del lettore“.
Kobe Bryant morte, la dinamica della diffusione della notizia (dal mio punto di vista)
La sera del 26 gennaio 2020 ero su un letto a guardare la televisione. Dalla mia rassegna stampa serale avevo intercettato un post di una pagina Facebook che piangeva la morte di Kobe Bryant. Sono andato alla ricerca della fonte che verificasse la notizia e mi sono imbattuto in TMZ.com, sito d’informazione sportiva che personalmente non avevo mai sentito nominare.
L’articolo di TMZ raccontava di un incidente di un elicottero, l’unica informazione che sembrava essere certa. Per il resto, però, il sito non aveva reso note le proprie fonti, non aveva specificato come avesse avuto l’informazione sulla morte di Bryant. E quindi la radice del famoso albero delle fonti era TMZ.com.
Cosa significa? Che il lettore, in questo caso, deve fidarsi di ciò che dice TMZ.com. Un rapporto di fiducia che, però, andrebbe costruito, magari specificando dov’è stata presa l’informazione. In questo modo, il lettore è più fiducioso nel leggere una notizia, e non viene lasciato nella confusione.
Insomma, poteva bastare un’informazione senza fonte per dare per certa fin da subito la notizia? No. Già dall’inizio, quindi, i dubbi sulla veridicità del fatto erano maggiori dello 0%.
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Kobe Bryant Italia, come hanno trattato la notizia i media del Bel Paese
Una volta rilanciata anche sui social media, la notizia – ovviamente – si è diffusa in maniera rapida. Tuttavia, dalle 3/4 testate monitorate durante quella sera, i media italiani si sono comportati egregiamente, in quanto specificarono che Kobe Bryant ‘potrebbe essere morto‘ o ‘sembra essere rimasto coinvolto nell’incidente di un elicottero‘.
Il condizionale era d’obbligo, giustamente. Anche perché bisognava attendere le conferme ufficiali, che nelle prime ore della notizia erano assenti. Nonostante ciò, la notizia era ormai di dominio pubblico, era già la nuova preda del trend topic del momento: per la stragrande maggioranza delle persone online, Kobe Bryant era già morto, anche se nessuno aveva confermato questa versione dei fatti.
Morte di Kobe Bryant, un caos informativo
Mentre l’informazione giornalistica italiana riportava come propria fonte ufficiale TMZ.com, l’utenza online correva già la propria maratona. Una dinamica, purtroppo, troppo nota nei nostri tempi, che ha causato non pochi scombussolamenti nella verifica delle informazioni. Durante le prime ore di vita della notizia, infatti, erano state diffuse altre 3 informazioni scoperte poi falsi. Vediamo quali:
1) Kobe Bryant figlie, quante sono rimaste coinvolte nell’incidente?
Solo una figlia di Kobe Bryant è rimasta coinvolta nel terribile incidente di Calabasas. Eppure, all’inizio, le prime indiscrezioni online davano l’impressione che la star della pallacanestro fosse scomparsa assieme a tutta la propria progenie. Un’informazione poi scoperta essere falsa, ma che da alcune persone sui social sembrava certa.
2) C’era anche Rick Fox?
Un altro nome che cominciò a girare fu quello di Rick Fox, ex giocatore professionista dell’NBA, che secondo alcuni era rimasto coinvolto nell’incidente con Kobe Bryant. Notizia che, in Italia, non ha avuto una grande risonanza, ma che fu immediatamente smentita dall’avvocato del giocatore, come poi ha riportato sempre TMZ.com.
3) Un video diffuso online mostrerebbe lo schianto dell’elicottero
Siamo di fronte a una catena fin troppo ridondante: nasce una notizia, si cerca di capire se sia vera o falsa e, parallelamente, escono fuori contenuti multimediali che sarebbero inerenti al fatto in questione. Una successione di eventi che ha riguardato anche il caso Bryant. Da Twitter, infatti, viene condiviso un video di un elicottero che, roteando su se stesso, finisce per schiantarsi su una collinetta. Molti lettori social hanno asserito che tale contenuto riguardasse la morte di Bryant, per poi scoprire che, in realtà, era un falso.
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Conclusioni
Prima di avere la conferma ufficiale della morte di Kobe Bryant, sui social si era già deciso che il fatto in questione era accaduto. Una dinamica nota, certo, alimentata inizialmente dall’incertezza e dalla confusione. Sfortunatamente, questa vicenda è stato confermata qualche ora più tardi dalle autorità di Los Angeles, tuttavia in passato ci sono stati casi simili smentiti anche sul nascere, ma che hanno comunque provocato la diffusione di fake news.
Quando tendiamo a correre più veloci di una notizia, ci dimentichiamo di tutte le implicazioni che potrebbero scaturire: come la diffusione di informazioni o materiali fasulli. Una questione su cui tutti dovrebbero porre maggiore attenzione: sia i giornalisti, che sono l’anima e il cuore pulsante di questo lavoro: sia i lettori, che dovrebbero attendere le conferme ufficiale prima di commentarlo come un fatto realmente accaduto.
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