Il mio Tibet

Ho conosciuto il Tibet grazie a Marilia Bellaterra di Aref International Onlus, realtà con la quale collaboro per la realizzazione di articoli riguardanti – appunto – la questione tibetana. Nel corso di quest’anno di attività, ho avuto modo di comprendere cosa sta effettivamente accadendo in quella che dovrebbe essere una regione autonoma.

Questo lavoro mi permette, giorno dopo giorno, di venire a conoscenza di numerose violazioni dei diritti umani abbastanza gravi. Episodi da segnalare e denunciare all’opinione pubblica, perché si renda conto che, a livello internazionale, stiamo perdendo credibilità. Tutti quanti.

Anche per questo motivo, lo scorso sabato 5 settembre 2019 sono stato invitato da Marilia a presenziare come relatore al convegno “iTibet – Tradizione e modernità per salvare una cultura“. Nel dettaglio, l’evento è stato realizzato all’interno della Casa della Cultura di Roma, alla presenza di personalità politiche e religiose internazionali. In questo contesto, ho avuto modo di esprimere la mia opinione riguardo al concetto di cultura.

Cosa ho imparato da iTibet

Solitamente, quando sono chiamato a partecipare a tali manifestazioni, tento sempre di inglobare nella mia mente le facce e i volti dei partecipanti. Ho avuto l’opportunità, ad esempio, di confrontarmi per la prima volta nella mia vita con dei veri e propri tibetani. È stato un incontro particolare quanto intrigante, totalmente nuovo. Come spesso mi accade, relazionarmi con un’altra cultura mi ha donato numerosi e importanti stimoli nel continuare a coltivare la mia sete di conoscenza.

Conoscenza che, tra le altre cose, è stato l’argomento centrale del mio discorso. O meglio, la consapevolezza della conoscenza, la consapevolezza della cultura. Il mio dibattito è ruotato attorno ad argomenti espressi anche dagli altri ‘commensali’ presenti: libertà d’opinione, attivismo, partecipazione popolare, società e coinvolgimento reale. Ho improntato la mia argomentazione attorno alla rilevanza di concretizzare la nostra sensibilizzazione anche nella realtà, e non solo facendo ‘attività social’.

bandiera tibet

Cosa mi piacerebbe fare per il Tibet

La mia speranza per il futuro è poter recarmi in India o in Tibet e raccogliere le testimonianze dirette di quanto accade in quelle terre. Vorrei conoscere (e far conoscere) i volti di chi, strenuamente, lotta per un domani migliore, per rendere tangibile il concetto di democrazia e consegnare ai posteri una società sempre più inclusiva.

bandiera tibet con musicista

Un regalo magnifico

Per ora, del Tibet, mi porto a casa la Khata, una sciarpa bianca del buddismo tibetano che simboleggia la purezza, la benevolenza, il buon auspicio e la compassione. Un regalo stupendo che conserverò con cura e gelosia, sperando di contribuire con il mio lavoro a far emergere ancora di più la questione tibetana a livello nazionale.